13 maggio 2007

VENERDI SERA

Torno ora dall'ufficio, stanchissima. Questo caldo mi uccide, la schiena mi fa male, ho una forte pressione intorno al collo che da giorni non se ne va, come un laccio che stringe, come uno strangolamento che non finisce mai.
Non trovo pace neppure di notte, neppure con una pastiglietta per dormire.
Faccio sogni strani, e di giorno non ne ricordo che le sensazioni, mentre dimentico i protagonisti, gli ambienti.
Mi restano solo sentimenti che non so attribuire, non so come e perche' sono nati nella notte, e verso chi.
Di giorno vivo di caffe', un po' perche' ho sonno, un po' perche' bere un caffe' e' sempre un momento per parlare con qualcuno e per farlo contento accettando il suo invito.
Sembra che il mondo ti aspetti, li' fuori, per offriti qualcosa da ingoiare: forse non sappiamo offrire qualcosa da respirare, come il senso della libertà o della condivisione. E offriamo caffe', the e biscottini, in mancanza di altre capacità.

Stasera in via Livorno , attraversata la strada - un sole cocente, una via polverosa senza riparo - un ragazzo cieco mi ha chiesto come arrivarci, proprio li' da dove io ero appena uscita.
Alle mie spiegazioni e alla mia offerta di esserci accompagnato ha opposto un no dolce, come stupito, e sorridente.
E, col suo lungo bastone che palpava il terreno, l'ho visto ancora la', in attesa di attraversare, mentre risalivo verso casa.

Nessun commento: