26 dicembre 2007
XCVIII
Fummo lontani in primavera: e aprile,
umor screziato in abito sontuoso,
dava alle cose un soffio giovanile
(rideva anche Saturno, il permaloso).
Né il canto degli uccelli, né l’odore
dolce dei fiori, essenze variopinte,
sapevano ispirare estate al cuore –
né io ne colsi le beltà distinte.
Non mi sedusse il candido dei gigli,
né io lodai il vermiglio nelle rose:
erano al piacer mio meri consigli,
immagini di te, seconde cose.
Durava inverno agli occhi, e tu nel petto:
come dell’ombra tua, n’ebbi diletto.
William Shakespeare
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